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Aspetti strutturali e sostenibilità dell’impianto del vivaio in contenitore

21 Giugno 2023

di Renato Ferretti

La realizzazione di un vivaio per coltivare piante in contenitore presuppone una sistemazione idraulico-agraria che consenta di poter raggiungere i seguenti obiettivi:

• avere disponibilità di acqua per l’irrigazione;

• possibilità di eliminare l’acqua piovana e di irrigazione superflue;

• impedire la crescita delle erbe infestanti;

• ottenere un ambiente microclimatico favorevole alla crescita delle piante;

• recuperare l’acqua per utilizzarla per più cicli produttivi;

• essere facilmente accessibile ai mezzi di trasporto senza danneggiare il terreno.

L’area colturale costituisce la «base territoriale» nella quale le piante in contenitore sostano per un determinato periodo di tempo, in genere non inferiore ad un ciclo vegetativo.

Abbiamo visto che alfine di rendere più agevole la coltivazione in contenitore il terreno deve essere sistemato in modo da permetterne una adeguata fruizione utilizzando le diverse metodologie alcune anche costose ed in contraddizione fra loro e non sempre pienamente sostenibili.

La copertura del terreno con polietilene nero si adatta benissimo agli impianti che prevedono il riciclaggio delle acque di percolazione ma certamente è inidoneo per garantire un efficiente equilibrio idrologico. Con questo metodo il terreno viene livellato, sistemato con opportuna pendenza e ricoperto con polietilene nero che viene tenuto fermo per mezzo di lastre di calcestruzzo disposte a fasce parallele regolarmente distanziate. Il polietilene può essere fissato anche mediante interramento ai lati degli appezzamenti. La durata di questa copertura è in relazione allo spessore e alle caratteristiche del polietilene nero normalmente non supera i quattro-cinque anni.

Gli aspetti negativi quali: la breve durata, le possibili rotture conseguenti alle operazioni colturali, i ristagni di acqua, ne hanno ridotto ultimamente l’applicazione. Essendo, inoltre, impermeabile, non consente gli scambi gassosi e idrici tra aria e terreno, aspetto notevolmente negativo per l’agroecosistema e per l’eventuale riconversione a colture in pieno campo.

La necessità di ovviare agli inconvenienti connessi all’impiego del solo polietilene nero e la necessità di realizzare impianti più rispettosi dell’equilibrio idrologico ha spinto a realizzare l’area colturale con materiali drenanti quali: ghiaia, argilla espansa, pietrisco, ecc.

Anche in questo caso occorre livellare gli appezzamenti, conferendo la indispensabile pendenza desiderata alfine di una corretta regimazione delle acque in eccesso, si realizza disponendo sul terreno sistemato il tessuto non tessuto e successivamente uno strato di circa 10 cm di materiale drenante. È evidente che questo sistema pur migliorando le condizioni agronomiche della coltura rimane fortemente impattante sul terreno agricolo rendendolo difficilmente riutilizzabile come tale.

II terreno agrario è infatti un bene prezioso che deve essere salvaguardato soprattutto nelle aree più fertili come quelle normalmente vocate al vivaismo ornamentale. È per questo che la copertura del terreno deve tenerne di conto utilizzando materiali permeabili all’acqua e all’aria affinché il terreno possa espletare le sue funzioni e contemporaneamente venga ostacolata la crescita delle erbe infestanti lasciando altresì impregiudicata la sua riutilizzazione come base agronomica di coltivazione. Sostituendo il film di polietilene nero con il telo antialga, che è semipermeabile, si riducono significativamente gli effetti negativi già evidenziati.

Le piante in contenitore di medio e grande volume (da 25 a 100 1), vengono disposte direttamente sul terreno livellato, senza alcun materiale di copertura. È una soluzione semplice ed economica che in alcune aree, come ad Angers in Francia utilizzano anche per le coltivazioni nei contenitori più piccoli. Un’altra alternativa è la pacciamatura vegetale che potrebbe ridurre gli effetti negativi sul terreno delle coperture stabili mantenendo un’ efficacia significativa contro le infestanti ed ai fini del drenaggio dal contenitore.

Le piante in contenitore che hanno un’altezza superiore a 100-150 cm necessitano di appositisostegni allo scopo di evitarne la caduta per il vento. I sistemi di ancoraggio possono essere di più tipi:

  • ancoraggio di ciascuna pianta ad un filo di metallo o di materiale plastico teso tra paletti di legno, ferro o sostegni in cemento. Questo sistema va bene per piante di medie e grandi dimensioni.
  • legatura della piantina a una canna sottile di 80-120 cm (spesso in plastica colorata) posta nello stesso contenitore. È un sistema più elastico del precedente nei confronti degli spostamenti delle piante nell’area di coltivazione.

Le piante di piccole dimensioni sono poste in coltivazione con i vasetti addossati gli uni agli altri, mentre le piante di maggiori dimensioni o che hanno una chioma tendenzialmente espansa, vengono collocate singolarmente ad una certa distanza le une dalle altre. Come è logico le piante nell’area di coltivazione vengono sistemate in base alla specie ed alla dimensione del contenitore, in modo da avere settori omogenei di coltivazione nell’area.

In linea di massima la sistemazione delle piante viene effettuata a settori omogenei per varietà e volume dei contenitori. In certi vivai viene adottata, per una parte della produzione, la consociazione tra piante di varie specie aventi habitus vegetativo differente e esigenze luminose particolari. Per esempio nel settore degli alberi ad alto fusto vengono collocate sul filare, tra una pianta e l’altra, piante in contenitore cespugliose da ombra. Si tratta di interventi basati particolarmente sulla necessità di utilizzare pienamente la superficie di coltivazione in contenitore, superficie che è oggetto di investimenti fondiari considerevoli. Ciò giustifica anche l’elevato grado di intensità colturale tipico di questo sistema di coltivazione.